Sospende il tempo, l’attesa muta del mio desiderio. Accarezza, di te, ogni respiro e concede alla mia vita il ritmo nuovo di un piacere lento. È così che hai consumato la mia attesa. È così che mi hai resa viva, con i tuoi occhi accesi e la bocca di miele, con le tue mani arrese e il tuo corpo che nutre e, per me, geme. Accoglimi, amato compagno mio. Accetta il mio respiro, il mio pensiero vivo. Stenditi sulla paura, ricopri il bosco in fiamme del mondo in rovina. Amami, come se fossi prescelta amante irrimediabilmente arresa alla mano tesa del tuo piacere
Oltre
Se ti perdo al di là della ragione,
cercami oltre.
Non ti fermare alla mia assenza,
non tenere il distacco del mio tempo.
Oltre, cercami oltre.
Se mi consegni un dolore che fa parte delle tue paure,
crei un solco in cui perdo il contatto del corpo,
il sollievo del tocco,
il mistero del sonno.
Se sei artefice del mio dolore,
sconfina il distacco,
proteggi il mio corpo,
risana la crepa.
Arriva oltre le mie paure,
consegnati ai tuoi sbagli,
perdona i tuoi errori.
Inginocchiati al sacro fuoco
di un concerto spento,
musica stonata in un mondo disconnesso.
Scavalca ogni accordo,
travalica le pause, i respiri,
le armoniche spezzate e i violini stesi al sole.
Riconosci l’incavo del mio piacere,
sospeso tra il bianco e nero di un pianoforte scordato.
Cerca ancora la melodia,
non ti arrendere.
Correggi in un respiro il nostro canto sconnesso.
Mi troverai.
Lì,
esattamente lì, oltre un tempo che non esiste,
a un soffio dalla pelle ancora prigioniera di un sensuale vibrato,
lasciva di suoni pieni e armoniche dissonanze.
Tremerò,
tremerò ancora sapendo che il tuo tocco sarà a un fiato dal mio respiro.
Oltre, cercami oltre
Richiamo di tenerezza
Leggerezza. Ci dovremmo amare, innamorandoci della leggerezza che ci regalano. La donna, si sa, ha un peso specifico dell’anima più pesante, porta in sè il carico della nascita con addebito, l’implosione di chi, a sua volta, potrà sopportare un dolore così grande necessario a generare un’altra vita. Gli uomini lo sanno, ma non lo capiscono. Si accompagnano alle maree delle donne, ma non le comprendono fino in fondo. È proprio in quel momento, solo in quel momento, che si manifesta in loro l’identità; si trovano a un bivio che per sempre li renderà riconoscibili agli occhi della donna. Davanti a sè, l’uomo, avrà due strade.
Chi prenderà la prima strada giocherà di dominio e intolleranza; la rimprovererà, adducendo ai suoi rimproveri il merito e l’unica strada per insegnarle a stare meglio, a essere migliore. L’uomo quasi arriverà a punirla con il distacco, ascolterà i facili e buonisti commenti di chi ha accanto, si sfogherà raccontando, di lei, cose che non avrebbe dovuto dire. Cercherà sostegno per la sua sovranità di ruolo. La punirà, poiché lei avrà avuto quella che lui chiamerà debolezza e che in lei, invece, sarà solo richiamo di tenerezza. A quel punto, però, sarà a lei a scegliere. Potrebbe soccombere, essere vinta dalla resilienza in un contesto in cui non dovrebbe avere ragione d’esistere; piegherà la sua anima come canna al vento, plasmata dagli umori di chi ha accanto e, scoprirà, poco a poco, di non essere più spontanea, verace, viva. Oppure se ne andrà. Ricomincerà, tornerà in vita.
Chi prenderà la seconda strada, invece, sorriderà. Prenderà le mani della donna, le riscalderà dal gelo anche quando lei trasmetterà un distacco non voluto. Gli uomini che prendono la seconda strada, sono i regnanti di un universo che sposa la resistenza al potere salvifico della tenerezza. Quegli uomini non punteranno il dito, non segneranno in rosso o blu tutte le pagine di un tempo discorde; non malediranno il caos, condannandolo, spaventati da una meraviglia che non sanno affrontare. Saranno leggerezza. Perché loro lo sanno che la leggerezza non è superficialità; sono consapevoli che solo le persone profondamente grandi sanno essere leggere
Ecco. Ecco cos’è la leggerezza, amarsi mentre il cielo è nero; confondersi quando la luce ti cerca per sottolineare i tuoi sbagli. La leggerezza è non infastidirsi del suo pianto, è farla ridere mentre le lacrime vanno giù.
All’uomo non viene chiesto di capire il tempo, ma di trattenerlo e riparare i portali che, aprendosi, gelano di echi del nord le pieghe del femminile scorrere.
Non è da tutti. È un talento, un’inclinazione naturale che permette di riconoscere gli uomini in mezzo a tutti gli altri. Una donna non dovrà mai seguire nessuna regola per essere amata. Una donna riuscirà a rendere miti le tempeste di ogni uomo, ma molti uomini non sapranno affrontare neanche la più tenue delle piogge di una donna.
Ombrelli o folate di vento contrario. È l’uomo che sceglie come affrontare quella pioggia, ma se ne avrà paura, vorrà dire che è suo desiderio vivere sotto un perenne sole, paradosso di un giorno senza notte e senza fine, perché, per quanto la luce sia vita, ognuno di noi non deve mai permettere a nessuno di cancellare la propria ombra e di sconfessare con sarcasmo infantile, il potere ancestrale del buio e i timori della notte.
Un uomo che alla fine della sua vita non avrà capito una donna, non avrà capito se stesso. Continuerà a guardarsi intorno cercando chi sorride alle sue battute, chi lo ha amato per quello che è, illudendosi che esista la perfezione, riconoscendola in chi si presenta con costanza nella sua vita e alle spalle invece avrà ricamato altre cento vite per resistere, divertirsi, gabbarlo, mentre lui si sentirà un re che si è salvato dall’unica cosa che invece avrebbe potuto salvarlo. Troverà solo specchi rotti e petali secchi di rose sgranate al sole.
Quella donna sarà ancora là fuori, da qualche parte, forse ad avere paura, a sentirsi imperfetta, ma sarà lì. Con una mano disegnerà un profilo sbagliato, con l’altra curerà un amico, con la bocca canterà, mentre le mani accarezzeranno, i piedi giocheranno a tirare sassi lungo la strada, le orecchie ascolteranno una poesia e le gambe mostreranno la sua voglia di non fermarsi.. la mente penserà già a cos’altro fare. Sarà caotica e meravigliosa. Imperfetta e unica. Riuscirà a chiudere gli occhi davanti a un tramonto, perché, statene certi, lei si sarà salvata
Freud diceva “L’amore è il passo più vicino alla psicosi”, attenzione, dunque, a dichiararvi sani, perfetti e felici e a vedere psicopatie solo nella vita degli altri, perché significherebbe solo che non avete mai amato, neppure voi stessi
L’inchino delle ali
Una donna dovrà chiedere sempre permesso, persino quando saranno gli altri a invadere le sue stanze.. Sì, una donna dovrà avere cura di non disturbare, di non fare confusione, di essere garbata, delicata, di non sporcare, di pulire, di alleviare il dolore e i tormenti di tutti quelli che la circondano.. E lo farà, potete scommetterci.. Lo farà anche quando non avrà tempo, anche quando non avrà spazio e la misura dei suoi passi non troverà collocazione in nessun metro umano; studierà come tutti gli altri, capirà come tutti gli altri, lavorerà come, più, di tutti gli altri e, se tutto questo non dovesse bastare, riuscirà a sconfinare oltre ogni ragione e tempo, e arriverà a trovare sollievo oltre l’orizzonte, dove la gentilezza prenderà i colori di un tramonto, incontrerà i favori del vento e la culla lieve del mare.. Lì troverà ristoro, e crederà in un futuro nuovo, in una mano che la accarezzerà, in qualcuno che finalmente la porterà in salvo.. Tuttavia il tramonto non dura che il tempo di un attimo e in uno stesso respiro compie e chiude la sua affascinante recita.. Lei cavalcherà senza fermarsi la nuova notte, avrà paura ma non chiederà aiuto, perchè anche in quel caso avrà qualcuno di cui prendersi cura.. La notte continuerà e sembrerà lunga, ma lei si ostinerà a sentirsi luce. Cosa le darà il mondo in cambio? Come verrà ricompensata dall’essere umano? E il mare? Il suo mare? No.. non avranno pietà, gli esseri dalle mille facce la tratteranno come carne di piacere e bocca di silenzi che possa essere caverna e brace, sempre accesa se tutto tace.. Le chiederanno di ballare, di piegarsi, di godere, ma nessuno le chiederà di sapere; dovrà studiare più degli altri, dovrà nascondere il seno, piegarsi meno, sorridere e trovare il siero del veleno.. Lei lo farà, non si arrenderà, cambierà strade, non si piegherà; ricomincerà, farà un inchino a se stessa e a ogni giorno in cui non avrà perso la sua dignità
Il segreto del tempo
Se fosse il tocco a salvarvi dal vostro tempo, allora sigillate le bocche, liberate gli occhi, piegatevi sul filo del mare e siate fragili, poiché chi riflette se stesso nel sale, conosce il segreto del tempo e non lo sa spiegare
Come fosse tela
Colei che attese diventò pioggia di sabbia bagnata e vento di acqua di sale. I pennelli smisero di respirare, poiché la tela potesse narrare, di lei, la storia più vera.. Nuda di maschere, morbida di carne e tempo, lasciò che il seno diventasse curva di memoria e gli occhi, chiusi, raccontassero in un quadro tutto quello che era stata, tutto quello che era diventata e tutto quello che, nonostante tutto, non avrebbe smesso di essere
Se chiudi gli occhi
Se chiudi gli occhi è tutto possibile.. camminare sul mare, lasciarsi andare, ricominciare. Se chiudi gli occhi senti un silenzio che non vuole parlare, riconosci il buio, ti pieghi al dolore, aspetti un attimo, ancora un altro tempo e sorridi, ci riprovi.. la vita si fa trovare. Sì, se chiudi gli occhi non sei mai andata via, non hai dimenticato, non ti hanno abbandonato. Cuci come una fata le lacrime che hai asciugato, riconosci i colori di chi hai salvato, ricordi i sapori che hai ritrovato. Eppure, se chiudi gli occhi, è tutto possibile, persino il tuo abbraccio, persino il tuo odore, persino il tempo in cui raccoglievi le more e io ne odiavo il sapore. Non c’è logica nel tempo, non c’è forza che vinca in un combattimento. Tu lo senti, lo senti dentro e, nonostante dicembre fortifichi il tuo inverno e ti faccia aprire gli occhi per un momento, tu scopri d’essere fallibile, ammetti che niente è gestibile.. allora chiudi gli occhi, cedi all’indescrivibile perchè, se chiudi gli occhi, è ancora tutto possibile
Quando ti ricorderai il mio nome
Quando ti ricorderai il mio nome io sarò neve in piena estate e rosso acceso di un autunno che vuole essere fuoco.. Quando ti ricorderai il mio nome avrò labbra da bambina e morbide guance appena nate alla vita. Non avrò cura d’essere bella, né voglia d’essere forte. Ti avrò attesa con così tanta voglia di essere trovata che non fingerò di non avere bisogno di te. Quando ti ricorderai il mio nome io saprò suonare quella musica che ami; mi ritroverai lì, sui tasti bianchi e neri in cui eri fiera di ascoltarmi. Non avrò fallito, non sarò sfiorata da ombre umane.
Quando ti ricorderai il mio nome io mi alzerò in punta di piedi, cercherò di essere perfetta e chiuderò gli occhi. Avrò dimenticato il tuo abbandono, la tua voce atona, non avrò memoria di questo nostro tempo vuoto, né ricorderò le sanguinose notti d’anima spenta in cui hai dimenticato di avere una figlia. No, non lo farò. Quella figlia non avrà smesso di sognarti madre, la stessa madre che, ne sono sicura, almeno in una notte di dicembre ancora mi penserà. È così che ti consegnerò la mia attesa fino al giorno in cui , forse, ricorderai il mio nome