Senza il sole del mattino è difficile respirare ancora.
Edelweiss sedeva ripiegata sul suo stelo, in un’immensa solitudine, che era solo sua. Non si vedeva il sole da molti giorni ormai e le notti erano così fredde che dentro, la vita non scorreva più. C’erano cieli che non si vedevano e lacrime che non arrivavano. Tutto fermo, bloccato, come un ritratto di una natura che non è morta, nè viva… Perchè il nulla non è morte nè vita.
Edelweiss trascorreva così le sue lunghe giornate.. fra lacrime che non poteva versare. I suoi petali erano quasi morti, spezzati dal secco di un freddo che non aveva colore. I germogli accanto a lei, che un tempo le avevano dato quel vivido colore bianco, di cui tutto il mondo era invidioso, beh, quei germogli non c’erano già più. Adesso restava solo il nucleo e i suoi pochi petali.
Il freddo era impossibile da combattere e se avesse pianto almeno sarebbe stato qualcosa, almeno avrebbe reso umide quelle tese mani vuote. Ma a lei non era concesso di piangere e il re delle montagne non avrebbe permesso che un piccolo fiore infrangesse le regole sacre.
Così il pianto diventava pensiero e a volte diluvio da non mostrare a nessuno. Edelweiss aveva tirato su il suo piccolo peso, ripiegato su quello stelo, per guardare ancora in alto. Niente… nessuna nube di giorno, nessuna stella di notte…
Eppure le stelle lei le aveva viste.
Non erano troppo lontane quelle notti trascorse con il suo amico Flo. Parlare con lui era bello, diverso, come fare parte di un sogno. E le notti erano trascorse così, nascondendosi da un mondo per il quale loro insieme erano ancora un segreto. Lui arrivava col calare del giorno, stendendosi fra i suoi germogli. Aveva occhi grandi che, insieme a lei, guardavano le stelle…e quante ce n’erano! Milioni! Lui sembrava conoscerle tutte… e lei lo stava ad ascoltare, attendendo che arrivasse il giorno in cui anche lei gi avrebbe parlato di sè.
Ma quel giorno non arrivò mai e con la fine dell’inverno Flo era partito per montagne lontane lasciandola per sempre. Avrebbe potuto raccoglierla e portarla con sè, ma non lo fece e se ne andò senza dire nulla.
Beh, in quell’occasione Edelweiss pianse senza riuscire a trattenere il suo dolore.
Il re dei re scoprì il motivo del suo pianto. Voci della foresta gli sussurrarono ciò che era stato taciuto e il re venne a sapere che Edelweiss aveva trascorso quella parte di vita con Flo, la creatura che viveva di notte, colui che fiore non era e tutto questo era successo senza che nessuno dei due avesse chiesto il consenso del grande consiglio.
Non era permesso infatti che specie diverse entrassero in contatto in quella parte del mondo e la colpa di Edelweiss fu immediata, tanto quanto dolorosa.
Tra montagne che toccano il cielo, verrai condotta e le tue radici dovranno cercare lì, ciò che in questo luogo ti ha dato vita. Fra montagne inesplorate piegherai il tuo stelo ricercando nutrimento. Pioggia, vento, fulmini e tempeste. Avrai il sole così vicino da sentirti bruciare e freddo tagliente, da non poterti sollevare. Crescerai lontano dai tuoi simili per scoprire che senza essi non potrai avere compagnia. Scoprirai che solo chi ti è simile può comprendere la tua vita e capirai che in colori che non sono i tuoi non puoi trovare felicità.
Arrivò presto il giorno per andar via ed Edelweiss fu condotta fra montagne, che sembravano davvero toccare il cielo. Nell’addio ai suoi cari promise a se stessa che mai più avrebbe pianto, che mai più il suo cuore avrebbe conosciuto debolezze.
La lasciarono lì, in una stagione che sembrava fosse davvero infuocata. I suoi petali sanguinarono i primi giorni, mentre il sole, testardo, si ostinava a dimorare in quel cielo. Giorni interi furono vuoti come onde di un mare che non esiste. Il re aveva ragione, tutto intorno a lei sembrava l’esatto disegno di ciò che le era stato preannunciato. Allora anche tutto il resto era vero? Quindi non c’era amicizia, nè amore, nè calore in specie diverse e l’unico modo per vivere era dunque quello di trovare fra i suoi simili ciò che il suo cuore cercava.
Il freddo era troppo forte e stavolta Edelweiss sentiva dentro al cuore che non avrebbe potuto respirare ancora per molto. Sentiva prepotente il bisogno di piangere, di piangere per l’ultima volta, ma non avrebbe potuto, doveva dimostrare a se stessa che poteva tener fede a una promessa.
Ma perchè ancora quel bisogno di piangere? A che pro, se nessuno l’avrebbe ascoltata, se nessuno le sarebbe venuto incontro? Perchè tenere fede a qualcosa che fra poco sarebbe morto con lei?
Si guardò per un attimo, le ultime foglie diventarono calde, bollenti, come bruciate. Ma può il freddo bruciare in quel modo? Avrebbe dovuto raggiungere quei petali con le sue labbra e ridargli conforto, ma non poteva …le forze non c’erano più.
Sembrava che tutto stesse finendo, quando, ad un tratto, una goccia bagnò un petalo.
Edelweiss si sentì come scoperta, nuda, dinnanzi ad un ospite inatteso. Cercò di spostarsi, di guardarsi intorno, per scoprire qualcuno. Sentiva una presenza nuova, ma non c’erano ombre nè foglie attorno a lei, unica ospite bianca di quella fredda montagna.
Improvvisamente un sussurro arrivò inatteso.
“Nella pioggia rivivrai, dentro al sole crescerai…”
Paura, improvvisa, inattesa.
Non c’era nessuno accanto a lei, eppure qualcuno le stava parlando di speranza. Era una voce percepita dal cuore più che dal suo piccolo corpicino. Una voce che faceva battere il suo cuore ad un ritmo sconosciuto.
“Ma chi sei? Chi è che mi sta parlando adesso?”
Nessun verbo ebbe l’ardire di chiamarsi risposta, ma una goccia soltanto, prepotente, bagnò i suoi petali.
Che conforto! Che dolce conforto a tutto quel dolore!
Edelweiss capì che a parlarle era la pioggia. Sentì per la prima volta di non essere sola. Nessuna nuova domanda ed ecco ancora la risposta.
“Ho seguito il tuo dolore, dolce piccolo livido fiore. Ti ho seguita dalla valle dei tuoi cari, dai sorrisi dei tuoi anni, dalle lacrime nascoste che mostravi alle tue notti. Ho seguito la tua voce, nel tuo muto ingenuo pianto. Ho rivisto quelle stelle, la tua luce e la sua pelle. Il coraggio di tentare, nella voglia di un amore…il coraggio di cercare, nella notte, tutto quanta la tua gioia. Ti ho veduta rinunciare, calpestata da un dolore che ha distrutto le tue vesti e ti ho vista… immaginata, ricercata, mai perduta….e toccata.. ogni volta che dal cielo, ricadevo su di te. Ma tu qui non mi hai più visto, se non forte, turbinante, impazzito di dolore. Dunque adesso tu sei qui, e non posso lasciarti andare..”
Le piccole lacrime di pioggia diventavano sempre più frequenti e quella pioggia finalmente aveva avuto inizio. Edelweiss ascoltava quella voce che le riempiva il cuore. Non diceva una parola, ferma immobile sotto il peso delicato di quella pioggia che sembrava portare un calore nuovo in tanto freddo….quella pioggia che le cantava dolcemente una verità che il suo cuore non immaginava.
“Tu sei pioggia, non sei un fiore come me..”
“Sono pioggia, la tua pioggia..”
“Ma non posso ascoltare la tua voce, c’è una promessa che io ho fatto..”
“Chi, nel vento, ti punisce, insegnandoti che i tuoi occhi non potranno mai conoscere altra luce se non quella che già vedi, non è maestro da seguire. Pioggia e fiore, si è vero, non son usi d’abitudine….Ma la vita io ti do, avvolgendo su te questa notte tutta nuova”
Protezione, sicurezza, abitudine di vita. Fermarlo? Perchè mai? Allontanare questo cuore che ricopre tutto quanto il tuo dolore? Perchè mai?
Tanto cuore e calore in qualcosa che non è un fiore…e trovarlo proprio adesso, che la morte era vicina. Tutto il bene dentro al cuore in un solo minuto d’amore, era questa la risposta e non c’era altra domanda
“Sarei morta se tu adesso non fossi stato qui. E’ un mondo che non è mio. Ripiantata sotto un sole troppo caldo da sopportare o in un freddo troppo forte per sopravvivere”
La pioggia continuava a poggiarsi su di lei, mentre il suo sfogo continuava.
“Allontanata da tutti, ho vissuto sola qui, senza sapere che tu seguissi la mia vita. Vorrei piangere adesso. Tu lo sai? Vorrei farlo…”
“Piangi adesso, come piango io per te…come sto piangendo adesso..”
“E se muoio, ripunita per un pianto che non posso?”
“Tratterrò le tue lacrime, nascondendole fra le mie. Nessun occhio vedrà mai ciò che insieme diventiamo. E nessuno oserà mai sfidarlo, tanto forte sarà il disegno tuo su me”
Edelweiss cominciò a piangere.. piangere e piangere e piangere…
Sentiva come se in quel momento potesse riuscire a fare tutto, come se il mondo intero su di lei non potesse alcun male e la morte nella vita non avrebbe avuto seguito e la vita sulla morte sarebbe stata la regina.
Pianto forte disperato… ripartito dalla gioia di una calore nel ricordo di quel freddo e di tanto tanto dolore.
Pioggia e lacrime inscindibili… e non c’era sole, nè tempesta, niente che avrebbe potuto separare quell’unione che si stava consumando lì, fra montagne senza nome.
“Il tuo nome?” chiese improvvisamente Edelweiss dal suo pianto.. “Chi è colui che ridà a me la vita?”
“Sono Felicor nei cieli, fra le rondini e gli uccelli. Sono pioggia nella terra, fra dolori, pianti e vita. Sono amore nei tuoi petali, che bramavo con ardore”
“Caro Felicor piango ancora qui con te, ma non mi sento sola. Come farò a sopravvivere ancora qui, non è casa mia… non fra queste montagne, eppure adesso non voglio andare via da te…”
“Dalla pioggia di un amore nascerà il tuo calore, in una folta coperta bianca coprirai le tue vesti. Tornerai al tuo candore, in un bianco mai visto. Sarà un velo su di te, proteggendoti dal vento, riscaldandoti nel freddo, rinfrescandoti nel sole la tua luce sarà chiara come dieci, venti aurore.. e sarai tu qui, il sole…”
Felicor continuava a parlare, mentre il prodigio nasceva, sui petali di Edelweiss: una folta, morbida coperta bianca andava ricoprendo i suoi petali. Calore, fresco, benessere, profumo.. Una protezione che la stava prendendo per sempre.
Un dono d’amore, un regalo di vita, una luce indescrivibile.
Edelweiss guardò in alto, unendosi in un abbraccio senza tempo a Felicor e al loro amore.
“Solitaria bellezza non resterai, dell’amore nostro ricopriremo questo suolo e di questo bianco amore, narreranno in ogni dove..”.
* * *
I folti fiori bianchi rendevano quelle montagne uno spettacolo della natura. Folti, belli, germoglianti come spruzzi della luce del cielo. Fra loro c’era il più grande il più bello, il più forte: Edelweiss. Era guarita dalla sua morte e nell’amore aveva trovato la forza, per illuminare il mondo. Tendeva verso l’alto, fissa contro il cielo, aspettando la sua pioggia, col sorriso suo più grande. Quando Felicor partiva, per bagnare altri cieli, lei attendeva con amore che tornasse il suo sposo. Ogni volta lui tornava e trainato da un vento che mutava nel cielo il suo colore, ricopriva i suoi figli come il più bel bacio d’amore. Alla fine si posava su di lei, nella notte di un amore, perché nel mondo ricantasse in ogni dove questo dolce forte amore che era nato fra la pioggia e quel fiore.