Ci siamo ^_^ Oggi esce il mio chick-litSe potessi parlarti di me edito da PAV Edizioni. Chi mi segue su Instagram avrà modo di scoprire un po’ di questa commedia romantica in qualche videolettura ed evento che organizzerò in questi giorni. Vi ricordo che potete trovarmi qui Lucia Bonelli su Instagram
Clementina Camei ha trentatré anni il giorno in cui la sua vita sta per cambiare. In lizza per il posto di assistenza marketing alla JB Kraften, sta per compiere il passo più atteso della sua esistenza. Tutto quello che poteva desiderare si sta realizzando, ma essere assunta nella filiale romana di una delle più prestigiose società di marketing tedesche, non solo è più complicato del previsto, ma la pone davanti a una scelta. Accettare un destino avverso fatto di ingiustizie, o sfidare le regole per dimostrare quello che è capace di fare? L’incontro con il direttore generale Paul Peters cambia tutto. In un rocambolesco gioco di equivoci e di bugie, Clementina non riesce a liberarsi perché mai si è sentita più libera di essere se stessa. Una fusione internazionale, una passione travolgente, un invito a riflettere su cosa saremmo in grado di fare se solo il destino fosse dalla nostra parte. Soccombere? Mai. Non è previsto. Clementina capisce in poco tempo che forse sono proprio i nostri fallimenti ad averci reso più forti, il segreto è non farsi vincere dal sottobosco di ansie e incertezze che quello che abbiamo vissuto lascia in noi. Tutto sembra perfetto, peccato che nessuno sappia che il suo nome è Marina Bonei e forse, arriva il momento in cui è troppo tardi per rivelarlo.
C’era una volta, tanto tempo fa, una città distesa sul mare. Non c’era giorno in cui il sole abbandonasse il cielo, nè pomeriggio in cui la pioggia piangesse troppo a lungo sulle panchine, sulla gente e sulle barche. L’imperituro sole tornava prepotente, colorando la tela accesa di quel piccolo mondo. Il tramonto sposava la pioggia senza che il vento lasciasse i colori del rosa, dell’arancio e della passione, distesi sugli abitanti di quella vecchia città
RAIN PRINCESS di Leonid Afremov
Fu proprio in uno di quei pomeriggi di aprile che la nostra storia ha inizio. Qualcuno, ai bordi della strada, suonava una musica al pianoforte e il cielo piangeva delicato, muovendo il vento, suo complice, nell’attesa del prossimo sole Lucilla era convinta che niente accadesse per caso. Per questo motivo, continuava a camminare cercando il coraggio di incrociare tutti i segnali che la vita le mostrava, con la voglia di viverla quella vita, di viverla davvero… o così credeva, fino a quel momento, fino a quella sera… la sera in cui ha inizio la nostra storia. Lucilla aveva tante paure, troppe paure, ma sorrideva, sognava e non piangeva, non piangeva mai
PRETTY NIGHT di Leonid Afremov
Anche Marco camminava solitario lungo la stessa strada. Lui, paure, non ne aveva e se ne aveva, non le mostrava mai. Tutti pensavano di conoscerlo, ma pochi sapevano davvero chi fosse. Conoscevano la sua risata, ma non il suo sorriso, conoscevano il colore scuro della sua giacca nera, ma non quello che nascondeva. Guardavano la sua vita in mezzo a tante altre persone, ma non sapevano quanto si sentisse solo. Lui non era stanco, non era mai stanco di essere stanco. Aveva il sonno composto di chi non conosceva la notte per riposare e continuava a camminare per la sua strada perchè, nonostante tutto quello che accadeva, i colori di quel mondo, lui, li conosceva bene… o così credeva, così credeva fino a quella sera, la sera in cui ha inizio la nostra storia
THE BRIDGES OF AMSTERDAM di Leonid Afremov
C’era un ponte alla fine di quella strada. Nè Lucilla nè Marco pensavano che i ponti fossero stati messi al mondo per essere attraversati, per regalare la meraviglia di scoprire cosa ci fosse dall’altra parte. Quella sera il destino un ponte l’aveva messo: alla fine della strada di Marco, all’inizio della strada di Lucilla. E l’aveva fatto così, il destino, senza chiedere permesso. Non aveva suggerito loro di attraversarlo, nè di seguire quella strada, ma li aveva preparati. In tutte le notti trascorse li aveva immersi nei sogni che presto, avrebbero svelato il sublime significato, poichè il destino lo sapeva bene che un sogno non è mai solo un sogno; un sogno è la lingua rossa della vita che ci ricorda chi siamo, che ci insegna chi essere per tornare ad appartenerci davvero. La lingua rossa ci ridà il sapore dell’amore, il gusto della passione, la vita e il colori che, spesso, di giorno, non riusciamo a vedere. Fu così che attraversarono quel ponte. Quella sera. Lo attraversarono
CENTRAL PARK di Leonid Afremov
In un attimo fu delizia e stupore. Si trovarono in mezzo a tutti coloro che attraversavano lo stesso ponte, loro… si trovarono. Non fu facile per gli altri capire come potesse essere possibile riconoscersi senza essersi mai visti, ma a Lucilla e Marco non interessava. Lei aveva paura, lui aveva coraggio per lei. Lui aveva paura, lei aveva coraggio per lui. La gente continuava a guardarli e, con fastidio, gli passava accanto cercando di fare ombra a quella luce… a tutta quella luce
KISS OF PASSION di Leonid Afremov
Era tardi, troppo tardi. Nessuno può comandare la luce, quando nasce per volontà divina, qualunque sia la natura del divino che comanda l’amore. Le lingue verdi del sospetto e dell’inganno, continuavano a camminare vigliacche accanto a loro, ma loro non potevano udirle, non potevano udire null’altro che il sublime incanto della pelle colorata dal cuore. Liberi al di là dello spazio e del tempo, l’uno nutrito dal tocco dell’altra, dal respiro, dalla presenza, dal suono delicato di ogni parola. Lei continuava ad avere paura, lui a darle coraggio. Lui continuava ad avere paura, lei a dargli coraggio. Avrebbero voluto smettere di avere paura e riuscire a vivere senza quelle ombre del passato, senza le ferite, le parole dimenticate, i sogni non realizzati, e continuarono a tentare… ancora… ancora… ancora
LAST KISS di Leonid Afremov
Era sublime trovarsi, ogni volta. Al tramontare di ogni sole, Lucilla e Marco si ritrovavano senza usare labbra per proferire o mani per costruire, poichè ogni cosa era ingegno del sublime e incanto di un’alchimia che li consumava, nutrendoli. Lui le baciava le labbra, ricordandole tutto quello che era stata e promettendole, col suo tocco, tutto quello che sarebbe diventata. Lei gli stringeva i fianchi, attaccandosi a quella vita. Stringeva forte, per paura di cadere, per non ferirsi ancora… e stringeva così, in quel punto in cui il resto del mondo non sapeva più dove finisse l’uno e iniziasse l’altro
MOMENT OF PASSION di Leonid Afremov
Sapevano che il loro tempo consumava i giorni e dilatava le attese di quelle parole che, ancorandoli al mondo, avrebbero dovuto unirli per sempre, ma non si chiedevano niente. Danzavano quando fuori pioveva e non avevano paura di tornare su quel ponte, di affrontare la pioggia, di ridere e ballare sotto quelle lacrime, convinti che nessuna pioggia avrebbe potuto raffreddare il loro amore. L’estasi del sublime non conosceva materia e nessuno riusciva a capire cosa potesse legare due persone che consideravano diverse, ma che erano simili più di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare, poichè non è diverso cioè che è dissimile, diverso è il diverso suono di due anime. Lei aveva paura, lui ebbe paura di darle coraggio. Lui aveva paura, lei ebbe paura di dargli coraggio
Il rumore fuori si fece forte, fastidioso, prepotente e ogni persona di quel villaggio fece di tutto per chiudere quel ponte, sapendo che il passaggio della paura avrebbe reso il passo degli uomini impossibile, allontanandoli dal desiderio di attraversarlo, dalla voglia di scoprire e unirsi a quello che c’era dall’altra parte. Il compito delle lingue verdi era facile, complice della paura che ogni uomo porta dentro di sè e che, non credendo in se stesso, potrebbe nuocergli fino al punto di non riuscire più a sentire il proprio cuore. Fu così che il sublime si inginocchiò alla paura, dividendo le loro strade. Lei aveva paura, lui non le avrebbe dato coraggio. Lui aveva paura, lei non gli avrebbe dato coraggio.
COPENHAGEN MERMAID di Leonid Afremov
In solitario dolore ella restò a osservare il mare, ricordando il breve tempo trascorso insieme a lui, incapace di spiegare al mondo come potesse essere possibile che pochi giorni superassero tutti gli altri tempi, le distanze e i millenari viaggi degli altri amori. Sarebbe stato impossibile spiegarlo, ma così era nel suo cuore e, sebbene fosse convinta che niente potesse opporsi al destino, Lucilla sapeva che in quella fine c’era tutto l’amaro delle parole non dette, della leggerezza di un’assenza di paura che, lei, non aveva mai avuto. Adesso aveva paura. Non c’era lui a darle coraggio
MUSIC FIGHT di Leonid Afremov
Marco non era mai stato bravo a ricordare. Lui accendeva la musica, la forte musica che cavalcava il tempo, che non aveva distanze e, sì, forse nonostante tutto anche quella musica apriva una porta mai chiusa, ricordandole di lei, della sua pelle, del rossore che la infiammava ogni volta che la sfiorava, del sorriso che riempiva la stanza dei suoi occhi e di quello sguardo che gli dava il riflesso di una parte di sè. Non lo faceva spesso, non lasciava ai ricordi il potere di consumare i giorni. Aveva promesso a se stesso che avrebbe continuato a viverla quella vita, sempre, nonostante tutto, anche lì, nelle mani vuote che chiedevano di lei. Anche lì, nei corpi di tutte le donne che accompagnavano le sue notti, sui seni, sulle bocche, fra le gambe che non avrebbero lasciato ricordi. Aveva ancora paura. Non c’era lei a dargli coraggio
Ma la vita ha una sola vela al comando di ogni respiro e, quella vela, quella vela chiamata destino, non poteva separarli senza avvalersi del complice vento che in ogni altro corpo e in ogni altre labbra avrebbe ricordato a Lucilla e Marco qualcosa di quel piccolo amore, di quei pochi giorni, quell’amore che così forte sembrava attaccato alle radici del cuore. Il sole continuò a sorgere, a tramontare… ancora… ancora… ancora, fino a che gli anni passarono e inconsapevoli di ogni altra cosa, giunsero al tramonto di un nuovo aprile. Lei l’aveva sognato, senza avere paura. Lui l’aveva sognata, senza avere paura
EXPECTATIONS di Leonid Afremov
Lucilla si svegliò una mattina con un’unica certezza: la lingua rossa d’amore che aveva rivisto durante i sogni di quelle notti, non poteva essere stata un caso. Nessuna lingua verde avrebbe potuto capire, poichè chi porta il veleno e l’angustia nel cuore, non potrà mai sentire cosa cela la purezza stessa della parola amore e, osteggiandola, denigrandola e combattendola nella menzogna, la lingua verde non si accorge che essa stessa contribuisce a renderla immortale scoperchiando ogni vaso, liberando tutti i venti al richiamo dell’immortale sentire. Raggiunse una sponda senza ponte, si stese un’altra notte ancora, sognando la costruzione di un brillante nuovo ponte e lo sognò con tanto impegno, che al suo risveglio cento pittori disegnarono un ponte, là dove non c’era più memoria triste delle acque perdute. Dimenticò la paura, ebbe coraggio. Marco immaginò di ritrovarla al di là del ponte. Si ritrovò a camminare lungo quella sponda e decise, in pochi attimi, decise: lo avrebbe attraversato. Se qualcuno in una notte aveva costruito il disegno di quel ponte, lui sarebbe riuscito ad attraversarlo, sì, l’avrebbe fatto. Dimenticò la paura, ebbe coraggio
LAST KISS 2 di Leonid Afremov
Ritrovarsi in un respiro. Osservarsi, poi cercarsi. Non fuggire, non staccarsi, non pensare di provarci. Non parlare, non sentire. Una gioia a mai finire. Era questo, dopo anni, quell’incontro del destino. Era un attimo, un’intesa, un ricordo e la pretesa di riavere in un secondo tutti i soli di quegli anni e le lune delle notti… e le stelle… e le montagne, le parole, le distanze, tutte quelle chiuse stanze. Ora c’erano le porte, spalancate, divorate dal quel tocco tanto atteso, cancellando dal suo seno le distanze mai esistite, nel respiro prepotente di quel tocco e del presente
BURGER JOINT di Leonid Afremov
Cento vite e una sola. Certo lingue e mille occhi. Tutti insieme e mai nessuno. Solo un fiume di racconti, di scoperte, di dolori. Tutto il filo del destino si dipana come vino sopraffino e al palato innamorato svela e scopre ogni inganno malcelato, ogni pagina di vita, verde sporco di antica invidia e levando il sipario svela ai due protagonisti ogni trama e colpo basso, che li ha resi tristi e vinti. Ogni cosa adesso è chiara. Ogni gesto mal riposto, ogni croce di delizia che, ruffiana nei dolori, ha svelato a lor signori, fra la gente, i bravi attori
Lucilla e Marco e il loro ponte, quella vita e le sue trame. Sol chi segue il proprio cuore è padrone del destino, marinaio e vela insieme. Come monito di vita, che si levi ogni sipario, che la pelle tremi ancora e le lingue tanto odiate ricacciate, ritirate nelle tane rinnegate. Or frustrate, prigioniere, nell’alcova del silenzio di una bocca, a non proferir parola, se non mosse dall’amore, gentilezza sopraffina di una vita che non sconta e non declina sotto il peso dell’inganno. E’ un fardello la congiura, che non dà giustizia alcuna. Si può vivere in un castello, anche il più bello, ma non vinci mai la guerra se l’amore è ancora lì, nella stanza sua più bella
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